Ho cinquanta ettare di terreno: io le concedo a quel solo, della cui onestā non dubito; ei le compartirā agli altri, e voi pagherete a lui, ed egli a me". Questo grave contadino, che entra sotto agli obblighi altrui, e conscio della grandezza di sua impresa, la quale lo fa simile agli antichi duci, condottieri di colonie, si mena dietro un lungo seguito di braccianti, si chiama il Capozānzero.
Come le nevi si dissigillano, come le vette silane si sfagottano dalle nubi e dalle nebbie, e coronate di verzura sembrano sostenere il cielo fatto piú concavo, piú terso, e rinnovellato dal soffio di aprile, č mestiere cavalcare per l'agro silano, chi voglia vedersi innanzi rimesso lo spettacolo delle sacre primavere degl'itali antichi, quando ogni cittā era organata sul fare d'un apiario, e la nuova gioventú, chene sciamava, veniva sospinta alla ventura a ritrovare nuovi penati sopra terre rimote. Sono interi paesi che allora si sbarbano dalle valli e dagli sdruccioli delle nostre Alpi, e si trapiantano nelle vaste lande silane; sono uomini e donne, giovani, vecchi e fanciulli, asini, galline e porcelli che si accasano colā, e per sei mesi dell'anno si tolgono alla corruzione cittadina, alle leggi sociali, alle prediche del frate e del prete, all'autoritā dei magistrati, alle paure delle guardie di pubblica sicurezza. Sospendendosi alla cintura la chiave di loro case rimaste raccomandate alla vecchia vicina, le donne portano in capo grandi cesti con dentro i polli ed i bambini; altri ragazzi piú adulti vengono a cavalluccio dei padri; gli asini someggiano casse, mantelli, coltri, ed i rustici arnesi; si rivedono con gioia gli antichi luoghi nelle medesime condizioni, in cui furono lasciati; i pagliai disfatti dall'inverno ma ritti ancora a metā; le pietre affumicate che scusarono il treppiede; le pozze a pič dei pini dove si veniva per acqua.
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Capozānzero Alpi
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