Pagina (155/319)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Facile e piacevole è la coltura dei lineti. Il terreno non si rompe con l'aratro, ma con la zappa, ed una sola volta. Attesa la copia dell'acque rompenti da ogni clivo, e che discorrono qui, fanno zane colà, e covano per tutto, il terreno è coverto di lotte (ciffe) infletrite, ammozzate; e il linaiuolo menando la zappa al largo le arrovescia, e dirompe. Dopo sulle lotte arrovesciate, e le piote (tif uni), che tra quelle inegualmente si sollevano, si sparge il linséme, ed ogni tomolata ne riceve quattro tomoli. Poi si occa; ma per occare il terreno scoticato, ragguagliarlo e spolverarlo non si adopra l'érpice, che ci è ignoto, sí bene lo strascino, che si fa da noi con un fascio di roghi, di ranno e di prun boccio. Il lino è sitibondo di acqua, ed i linaiuoli lo abbeverano copiosamente. Dal caleno alla metà di agosto si dà opera alla spiccatura (scippa): spiccato, si soleggia, poi si disfoglia, poi si lega a mane, poi si accovona; e quando, a percuoterne le testate, se n'è tratto giú il seme, si mette nel maceratoio (vúruga). Dopo otto giorni il linaiuolo lo visita, ne prende un fusto, gli dà una storta, lo stiglia, e quando si avvede ch'è cotto, lo toglie all'acqua e lo dà al sole. Rasciutto che si è per bene, viene sopra una pietra ammaccato con un picchiotto (mazzarella) per levarne le lische. Di questi lavori, tutti prendono parte, uomini e donne, giovani e vecchi; e tu vedi un tumulto sí gaio, un muoversi cosí bello di teste e di braccia, di cappelli e di veli, un lampeggiare di sguardi ora teneri, ora procaci, ora beffardi e odi scoppii di risa cosí schiette, e canzoni quali ciniche, quali anacreontiche, e quali elegiache, che il tuo cuore ne prova invidia, e ti cade in mente la certezza che in fondo alla miseria del nostro popolo Dio abbia nascosto alcune gioie, grandi, vere, durevoli, che non aleggiano mai sotto le dorate travi dei ricchi.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





Dio