Con questo spettacolo innanzi agli occhi noi volemmo un giorno visitare le capanne dei linaiuoli. Erano tutti al lavoro, e le capanne erano diserte. Non vi trovammo chiudende, ed entrammo. Una cuccia di paglia; una sacchetta piena di pane cosí stantio da parere acciaio; una resta di cipolle; una cassa con dentro poche vecchie camicie, un agoraio, ed un gomitolo di accia; una padella sospesa ad un chiodo che teneva confitta alla parete una figura di S. Ippolito. Fuori, un asino scavezzato pasceva a suo bell'agio; il suo basto era a terra: sul basto stava cavalcioni un fanciullo, sotto al basto ve n'era un altro nascosto, che facendo capolino ad un tratto gli dava, quando gli venisse fatto, un pizzicotto. L'aria dei fanciulli era come quella dei selvaggi; non ebbero paura, né si mossero. Mi stavano di fronte le grandi lande della Sila, colli sovrapposti a colli, e nei loro intervalli i bianchi casini dei Signori; a sinistra, a grande lontananza, i linaiuoli, e le loro case di castori; a destra altra turba di gente, quale inteso a falciare il fieno, quale a farne maragnuole, e quale a venderlo ai mulattieri. Dappertutto poi vacche vaganti sotto l'occhio geloso e protettore del negro toro, immobile ed in disparte sotto una fratta di aceri, e pecore e cavalli, e muggire degli uni, e nitrire degli altri, e grida di vaccari, di giumentieri, di mietitori, di linaiuoli; e tra tanto baccano ed immensitŕ di cielo e di terra io fermava lo sguardo malinconico sui due fanciulli, l'uno sopra, l'altro sotto del basto, senza paure, senza speranze, senza pensieri!
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S. Ippolito Sila
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