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      E perché non i porcelli?
      . Perché i porcelli son banditi dai conci, atteso che il fattore pretenda per sé e gratuitamente tutta la crusca, che rimane ai concari ed alle loro donne dopo fatto il pane; e nell'anno passato, egli guadagnò in tal modo sessantasei ettolitri di crusca. "Ma questo è un furto". "Furto e peggio; ma che fare? Per poco che fiati ti tocca rasciugare una tempesta di legnate".
      Sullo spianato che si allarga fuori dalla manifattura un vecchio con le carni accapponate dal freddo, e ritto d'innanzi ad un ceppo tagliuzzava la radice. Quell'uomo condannato a starsi le intere giornate allo scoverto ci mosse a pietà, ed entrammo nel concio. Vi era un silenzio di tomba interrotto solo dal rumore di un orologio a suono ed a sveglia confitto nel muro, e da quello dei lavori. Vi aveano otto conche; attorno a ciascuna due concari scalzi e con la camicia rimboccata sopra le gómita, ed armati di menatoi calzati da una gorbia di ferro, che finiva a penna (fravosce) rimestavano la radice che bolliva. Altrove la radice era cotta, e levandosi con una forca a quattro rebbii piegati si versava nei mastelli. I molinari, che meglio andrebbero detti trappetari, toglievano i mastelli e li vuotavano nelle gabbie. Queste si incastellavano sullo strettoio, e si premevano. Il sugo che ne grondava, si rimetteva in altre conche per condensarsi a lento fuoco. Il fattore, a cui è commesso il capo e l'indirizzo del concio, portava nel viso l'aguzzino: andava giú e su armato di un legno duro e broccoloso, ed aveva autorità di fare alto e basso su quei miseri.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319