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      Veggo qui, - le chiedemmo, - panieri, e ceste; ma non già il tamburello, ch'è l'arnese indispensabile di voi altre giovanette; e tu, che credo maritata, potresti con quello far bordone alla chitarra di tuo marito
      . "Qui non si soffrono, signore, né chitarre, né tamburelli: il concio è un lutto. Ed alle povere donne è vietato finanche il riso, perché tra noi non manca alcuna, a cui il fattore dà di brúscolo, ed ella, superba di essersi messa nella grazia di lui, ci fa la fattoressa addosso, né si può dirle: - Fatti in là -. Io poi son maritata, ma come nol fossi; qui le mogli si dividono barbaramente dai mariti, e questi per vederle alla macchia pagano una multa. Sí, mio buon signore. Quando il sole è caduto, la manifattura si chiude; e chi si trova fuori resta fuori sia che piova, sia che nevichi. E quando alla dimani rientra nella fabbrica, paga 85 centesimi di multa. Or mie marito per vedermi, finge, quando il sole è presso al tramonto, di fare un po' di corpo, ed esce. La fabbrica si chiude, ei vi rientra alla dimani, e paga la multa. E cosí il nostro meschino guadagno di sei mesi se ne va tra multe, spese di medicine, e di elemosine". "Oh! ma voi cosí povere come potete fare l'elemosina?". La malatella sorrise, e rispose: "La limosina non si fa da noi, ma dal padrone, e si paga da noi: e nell'anno passato vi ebbe un tremuoto, e il padrone ci fe' sapere che avendo dovuto soccorrere ai danneggiati del tremuoto, intendeva ritenersi tre lire dall'avere di ogni concaro e d'ogni impastatrice". A queste parole lasciammo pieni d'indignazione la malatella, e tornammo al focolare.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319