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      Il guardiano per lo piú è celibe, e spesa una drudetta che per l'innanzi appartenne al suo padrone. Nei giorni festivi gira armato pel paese, dimora armato innanzi al palazzo del padrone, e lo straniero che visita le nostre terre alla vista di tanti armati dentro l'abitato crede di trovarsi in pericolo di vita. Di qui l'invito agli altri di armarsi, invito dell'armi a provocazioni temerarie, e passaggio dalle provocazioni a percosse, ferite ed omicidii, delle quali tre cose una non manca mai nei dí festivi in ogni paese di Calabria. Le consuetudini e le pretensioni feudali sono, dove piú dove meno, in vigore; i proprietarii che vogliono esercitarle son pochi; ma, pochi o molti che sieno, i guardiani son quelli, con le cui spalle si consumano gli abusi piú iniqui. Mi si è detta un'ingiuria, una cattiva parola; alla mia fantesca giunta tardi alla fontana pubblica altri tolse che lo preoccupasse nell'attingere acqua, al mio servo ito al mercato altri del pari contese il dritto d'essere servito prima? Non importa; ne fo cenno al mio guardiano, e costui corre al fonte, e rompe gli orciuoli della povera gente, corre al mercato e manda per aria il cestone del pescivendolo. Dico cosí per esempio; e delle busse toccate non si fa motto perché il passato governo persuase i poverelli, che per loro giustizia non ve n'è. Questo vezzo di farsi ragione con la forza ha imbrutito il nostro popolo, ed ha nociuto e nuoce al pubblico costume, ed alla pace domestica dei medesimi proprietarii. Uno di costoro, edotto dalla sperienza, dall'età, e dagli studi, mi diceva sospirando che i primi incitamenti al mal fare gli erano venuti dai guardiani di suo padre.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





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