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      Fino a diciotto anni io mi ero scasato dal paese nativo; non avevo né libri, né maestri, ma i cani, il cavallo, ed i guardiani che mi servivano. Nacquero le passioni, e le secondai senz'ostacoli. Il mio guardiano arnesato di moschetto, di pistola e di coltello assediava la popolana, su cui avessi io posto l'occhio: dàlle oggi e dàlle domani, la fanciulla cadeva; si percoteva il padre, si minacciava il fratello. Egli spesso entrava a parte dei doni, che le mandavo, facea un po' di agresto sulle mie spese e (questo s'intende da sé) godeva pure dei suoi favori. Entrai in comunella con altri giovani miei coetanei, ed i miei ed i loro guardiani ci servirono in imprese, onde al presente arrossisco. Si scalavano finestre di notte, si faceva il birro, e il miglior nostro divertimento era lo sbarro
      . "E che s'intende per sbarro?" domandavamo noi; e il brav'uomo: "Sei calabrese, ci rispondeva,- ed ignori che sia lo sbarro? Si sbarra una vigna, un marroneto, un terreno qualunque quando, dopo la raccolta, si fa abilità a tutti di entrarvi col gregge; e quando noi eravamo stufi e stracchi o in dispetto di una nostra donna, la sbarravamo, concedendola invano reluttante al simultaneo e disonesto assalto di tutti i nostri guardiani, e loro amici".
      Il guardiano sorveglia i poderi del padrone e l'opere campestri, e se fa gl'interessi di lui fa meglio gli interessi proprii. La popolana entra nel mio fondo a farvi un fastello di legna; il guardiano la percuote, le fa a brandelli il fazzoletto; le leva pegno (spigna) il corpetto, e lo porta a me.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319