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      Il governo poi giornaliero del mulo, scartando le spese fortuite, e straordinarie e il fitto della stalla, vuole nelle migliori annate trentatré centesimi per due manne di fieno, ed una lira e sei centesimi per sette litri di orzo. E queste spese mettendo in somma col frutto del capitale investito, si vede bene che il vetturino spende al di una lira e cinquantuno centesimi, che sbattuti dalle due e cinquantaquattro, nolo ordinario del mulo, resta una lira e tre centesimi di utile netto al vetturino. La è questa una grande, ma innegabile miseria, poiché a portarti in un paese dove, lasciandoti, egli possa la sera dare volta a casa sua, non tira piú, come testé dicemmo, di due lire e cinquantaquattro centesimi. E sempre tanto, checché si faccia, è il suo guadagno. Lo chiami a someggiarti il mosto dal palmento? Gli dai otto centesimi a barile, egli mette quattro barili sul mulo, fa otto viaggi al giorno, e per questo modo siamo sempre li, a due lire e cinquantaquattro centesimi. Non ha chi richiegga l'opera sua? A rischio che gli sia tolta pegno la scure e il mulo, va a legnare nei boschi o del comune o dei privati, taglia due somette di legna al giorno; e siamo sempre li, perché due sorrette fanno- due lire e cinquantaquattro centesimi. E prova che il suo guadagno sia sempre tanto è il preferire ch'esso fa ad ogni altr'industria quella di portare in sella un viaggiatore. Perciò oltre del basto si procaccia la sella; e certo per noi calabresi non è la piú bella cosa di questo mondo quella di viaggiare sopra selle anguste, disfatte, bisunte, i cui staffili sono le piú volte scusati da ruvide corde, onde ti s'impiagano malamente le gambe, ed a cavallo di muli ora ombrosi, ora restii, che, massime di està, scorneggiando ad ogni tratto per schermirsi dalle mosche, ti danno di si fiere capate da romperti le ginocchia.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319