Pel jire mpara mparu (per riuscire in pareggio)
Ci vo' crèditu e dinaru.
È proverbio frequente sulla bocca dei vetturini, il quale mostra che quelli tra loro, che posseggono o danaro o credito, sono in felicissima condizione, perocché costoro non noleggiano il mulo, ma lo affaticano a loro intero profitto, e comprando derrate ed altro in un paese e portandole a rivendere nel vicino intascano di bei soldi, fino a dieci e quindici lire al giorno. Ma il numero di costoro è assai scarso: gli altri versano nella condizione che dicemmo, sempre però piú o meno prospera secondo che si trovano in paesi piú o meno vicini alla postale, o in centri popolosi, o nelle marine. I piú infelici sono i vetturini dei monti, dove, colpa i rigidi inverni, e le ronchiose difficili vie, gli animali somieri stallano oltre un mese.
I macri ed incerti guadagni fanno che la indole dei vetturini si accosti a quella dei bardotti: la stizza, figlia della miseria, sfogano sulle bestie, inumanissimamente governandole, e frodandole del bisognevole. I giorni di festa del povero mulo sono i pochi che seguono a quello, che il vetturino lo comprò. Allora gli si mettono i sonagli e le nappe rosse alla testiera, tra le nappe gli si sospende una coda di martora o di volpe per vincere la virtú del fascino maligno; si raccomanda a sant'Aloja, e sant'Ippolito; si accarezza, si striglia, si abbiada abbondantemente. Liettu vrusciatu, mula sarvatu; e il vetturino o brucia il letto, o vi lascia la moglie a dormire tutta sola ed egli piglia sonno tra i piedi della sua bestia, la quale strameggia con piú appetito quando ha il padrone vicino, quando il padrone le tiene mente, quando la squilla che le pende dal collo allegra il silenzio della notte.
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Aloja Ippolito
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