- Nessuno. Abbiamo forse appreso quelle arti? No. Giovani napoletani travagliano, è vero, negli opifici di Achard e di Widemann ma Widemann e Achard non manifestano loro i secreti di conciare i cuoi, e di tingere; l'industria introdotta da mani straniere in mani straniere è rimasta. Si è bassato finalmente il prezzo dei prodotti? Avemmo un risparmio nel consumo? Neppure: la privativa dava luogo al monopolio, e il monopolio era organizzato in grande.
Basti un solo tra mille esempii, che destava, essendo noi in Napoli, l'indignazione di tutti gli onesti. Tourné e Lefebvre venuti nel pensiero di stabilire una fabbrica di allume di rocca, ed avendo per ciò bisogno non pure di privative ma di molt'altre agevolazioni, invocano la protezione di Nunziante, e lo fanno loro socio. L'impresa allora procede; si ottiene la privativa, e si fondano quattro fabbriche in Piedigrotta, Capodimonte, Pozzuoli, ed isola di Vulcano. Ma la privativa non basta: si vuol rendere eterna, si vuole impedire e per sempre la concorrenza, ed i tre socii fittandosi le terre alluminose di Pozzuoli, mettono nel contratto una clausola penale di duemila docati a chi dei proprietarii di quelle terre osasse venderne altrui. I tre soci allora si dividono la vendita dell'allume, e n'elevano il prezzo a 10 docati il cantaio, mentre in Francia è di tre e quattro, e calcolando le spese di trasporto sarebbe tra noi di sei, o di sei e mezzo al piú. Per questo modo il Tourné, che venne povero tra noi, ora possiede al di là di seicentomila docati, ed ha congiunto la sua mano d'artigiano alla nobile mano della figlia del principe di Monte Sant'Angelo.
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