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      Agli antichi Baroni, il cui genio per le libidini e pel sangue era temprato dall'educazione, dall'uso del potere, dal sentimento del decoro, succedettero, dove piú, dove meno, pochi prepotenti per paese, i quali abusarono della ricchezza e del potere, perché nuovi al potere ed alla ricchezza volevano sperimentarne l'impero, e perché, conscii di loro bassi principii, si studiavano a cancellarne la memoria in sé medesimi e negli altri con l'uso brutale della forza. Cosí il feudalismo fulminato dalle leggi rimase nel fatto, e piú terribile, piú corruttore, piú odiato di prima: il Dio Termine ebbe il suo Renan, e fu precipitato dal piedistallo; s'invasero i terreni comunali, s'invasero i pochi beni rimasti alle Chiese, ed uomini armati fino ai denti col nome di Guardiani si posero a custodia dei male acquistati terreni. Dovrò dire come la pecorella del povero, che memore degli antichi dritti timidamente vi entrava a cercarvi un fil d'erba, venisse sequestrata? Dovrò dire come la figlia del popolo che vi si conduceva a raccorre la frasca caduta fu percossa, spogliata, disonorata? Il popolo nato con la zappa non ebbe piú la scelta tra terreni, comunali, feudali, ed ecclesiastici, ricevette la legge e non l'impose, pagò per ogni moggiata di terreno tre, quattro, e cinque moggi di grano, il proprietario gli disse se anche pianti orígano nel mio fondo, ne voglio parte; la sua moglie seguí ad essere accarezzata, la figlia ad essere guardata con occhi dolci; ma le corna non furono piú di oro; il principe pagava, l'arciprete e il monaco succulento pagavano; i nuovi venuti non pagarono che con busse, e il popolo restò digiuno.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





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