A queste domande farà risposta il modo, ripeto, onde sarà risoluta la questione della Sila. Noi ne toccammo qualche cosa due volte, e benché il facessimo con tutti i riguardi possibili, e senza nominare nessuno o dei reali o dei supposti usurpatori, che noi protestammo di non conoscere, pure le nostre parole produssero un'irritazione, che credevamo impossibile ad aver luogo in tempi che la pubblica opinione ha tanta forza sugli animi bennati, e che i principii di onestà sono, se non in opre, confessati universalmente in parola. Il Prefetto Guicciardi propose di aggiustare la vertenza con una transazione; né miglior proposta potea farsi, chi ricordi che in tutti gli affari, e massime nel caso nostro, il summum jus diventa summa injuria. Ma la proposta fu respinta, si domandarono gl'incartamenti depositati dai proprietarii presso l'abolito Commissario Civile, e che piú non si ritrovano, e si gridò ladro il governo, che avesse involato i documenti. L'accusa era bastantemente ridicola: i fatti parlano da sé, ed i commenti sono inutili. Parte degli incartamenti è stata involata, ma quando nell'incartamento si trovava un documento favorevole agli usurpatori, quel documento si è staccato ed è rimasto. Questo è un fatto. Il governo chiede a Napoli niente meno che quaranta volumi di carte relative alla Sila Greca; ed i quaranta volumi spariscono misteriosamente; non si trovano piú né in Napoli, d'onde sono partiti, né in Torino, dove non sono arrivati. E questo è un secondo fatto. Il governo vuole che la quistione Silana sia finalmente decisa; si domandano a Barletta i documenti da lui raccolti e si pubblicano, e si sceglie il deputato Scialoja all'ufficio di relatore.
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