E che non dovremo noi venire disotterrando inoltrandoci nei nostri studii...! Forse dovremo fare risorgere nuovi Susani, nuovi Bastogi, che non otterranno piú, per Dio! verun attestato di probità esemplare da qualsiasi, per quanto probo e forte si possa esser barone.
E queste sono le prime avvisaglie nostre.
8 marzo 1865.
II.
Quando il "Corriere di Calabria" prese a trattare della Quistione Silana, e c'invitò cortesemente a discuterla, noi ci rifiutammo, e facemmo bene. Le son questioni da tribunali, non da effemeridi; e quando anche fossero da ciò, vi ha sempre il pericolo di ferire alcune convenienze, che ogni uomo educato rispetta, e di venire ad alcune personalità dispiacevoli. E ciò che noi tememmo è avvenuto. La "Farfalla" di Torino prese a parlare di quello argomento, e noi ne riferimmo il primo articolo, che versandosi intorno a sottrazioni e mutilazioni di documenti ne parve fatto assai grave, e grave tanto che se n'era discorso nella Camera; ma quando la "Farfalla" scese ad imputazioni ingiuriose a persone, che qui in Calabria ottengono la nostra stima, ch'è poca cosa, e quella dell'universale, ch'è molta, noi facemmo alto, e non pubblicammo piú nulla della "Farfalla", neppure la risposta cortesissima che la fece all'articolo del nostro onorevole sig. Laratta, e che noi avevamo riportato nel "Bruzio". La nostra condotta non fu seguita né dalla "Unità Italiana", né dal "Popolo d'Italia", né dal "Cittadino Calabrese", giornale di Catanzaro; e quindi n'è venuta una tempesta di contumelie da una parte e dall'altra, le quali, torniamo a ripetere, dispiacciono a tutti gli onesti.
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