E perciò noi contadini lo chiamiamo il santo dell'abbondanza, ed entrando in casa, o nell'aia, o nel trappeto altrui sogliamo dire: Santu Martinu!
FINE
Note:
(1) Alla lezione di mio padre aggiungo, or che son vecchio, una osservazione, ed è questa, che s'egli è vero che chi à è, è verissimo del pari che chi è à. Nello scendere e salire al potere, che si è visto da diciassette anni in qua, di tanti e tanti è bastato ad un pedante e ad un arruffone il divenire ministro per essere strombazzato da un punto all'altro d'Italia come un'Arca di Scienza, ed un Eroe. Ai ministri, vocali maiuscole, e a quanti vengono dopo loro, vocali minuscole, tutti consuonano. Col nuovo Sole che sorge, sorgono mille giornali e giornaletti consonanti, che pasciuti col nostro denaro dicono con faccia tosta bianco al nero, e nero al bianco; ma ahimé! quelle consonanti son liquide. Caduto l'uno, non se ne parla piú; e chi ne piglia il posto ne piglia pure la dottrina, la virtú e la riputazione, le quali in Italia (fortunato paese!) sono altrettanti soprabiti che passano successivamente dall'uno all'altro. Dunque se Pietro è pezzo grosso, à dottrina, à bontà, à patriottismo; e se no, no. È dunque vero che chi è à, e chi non è non à. (Nota dell'A., 1878).
(2) Pigliati nu purciellu 'e nu carrinu,
E falli ajjiari u scifitiellu chinu.
(3) Gallina e purcielluPe' lu pizzu pari biellu.
(4) Amaru chi lu puorcu nun s'ammazza,
Ca' i bidi e li desiddera i sazizzi.
(5) Miegliu è crìsciari u puorcu ca nu figliu;
Puru l'ammazzi, e ti n'unti lu mussu.
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