Assistevano alle bastonature il Capitano Krauss, il Consigliere Sanchez, e i secondini.
Dopo qualche colpo Krauss interrogava: ove nulla si fosse potuto cavare dal paziente si tirava avanti. Mancando Krauss, Casati disimpegnava le funzioni di lui e riferiva. Ma questo non bastava. Conoscendo egli bene la causa d'ognuno, si recava nelle segrete, e con conversazioni, e con minaccie di morte, o con domande suggestive, o colla promessa di libertà, faceva cadere i deboli nel laccio: essi credevano di confidarsi ad un uomo che s'interessava per loro; ma chiamati poi innanzi all'Auditore e interrogati, se negavano, compariva il Casati a riferire quanto in segreto avevano incautamente confessato.
Durante il processo il Capitano Krauss si recò incognito a Londra: vi stette da quattro mesi per ordine del Governo Austriaco, onde vedere di mischiarsi colla emigrazione italiana e di scoprire colà le fila della cospirazione che andavano connesse al processo dei detenuti. In quel frattempo tutto venne affidato al Casati: faceva e disfaceva a suo talento.
I secondini innanzi a lui tremavano; era proibito il fermarsi più di due minuti nelle segrete; vi dovevano andare sempre in due, dare il buon giorno, portare il vitto, fare la visita e non altro; altrimenti pugni e colpi di bastone: più di un secondino ne ebbe. Il fiero castellano incuteva terrore a tutti. Tornato il Capitano Auditore Krauss da Londra si compiè il processo.
Tito Speri fu sottoposto agli strazi inauditi di tali torture, ma dalla sua bocca non solo non fu potuta strappare una parola, ma nemmeno un indizio che compromettesse i suoi compagni di cospirazione in Brescia.
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