Un solo fatto importante, l'occupazione della Gran Guardia trovò capo e popolani esecutori fedeli, e riescì; se non che, immemori delle istruzioni che statuivano quel luogo a punto di concentramento, gli occupatori, lieti di trovarsi armati e ansiosi di azione lo abbandonarono dopo breve tempo, per correre le vie. Ed essi e i giovani armati di solo pugnale, scelti a operare indipendenti contro il nemico, bastarono a spargere negli Austriaci un terrore, che non cessò se non sulla sera. Contro tutte le forze, spiegate allora dal Comando Generale, quel pugno di popolani, abbandonati da tutti, tentò difendersi, asserragliandosi presso Porta Romana nelle case, e facendo fuoco dalle finestre; ma, e sopratutto per difetto di munizioni, fu costretto, dopo un'ora di combattimento a disperdersi. Perirono nel conflitto da 150 soldati nemici e due ufficiali superiori assaliti nel caffè della Scala. Innumerevoli furono gli arresti operati, e pochi giorni dopo il tentativo perirono per mano del carnefice, condannati da una Commissione militare, 16 cittadini, altri vennero condannati al carcere duro.(20) Se riesciva il moto di Milano, l'insurrezione doveva estendersi a Brescia, Bologna, Ancona e nelle principali Città d'Italia.
Biseo Camillo, l'ardente ed instancabile cospiratore, dal Piemonte ov'erasi rifugiato, venne in Milano affine poi di recarsi a Brescia, a dirigere la rivolta.
Fallito il tentativo di Milano, nulla fu piú possibile di effettuare nelle altre Città d'Italia, e gli agenti spediti tornaronsene, dopo aver superato non pochi ostacoli, pericoli e fatiche.
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