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      In seguito a tanta severità nel punire i delitti di alto tradimento, vi fu un atto di resipiscenza. Venne concessa amnistia per tutti quelli la cui innocenza era assolutamente provata, e che avevano languito nelle segrete da 20 e più mesi; venne data l'amnistia per coloro che avevano svelata ogni cosa, tanto sotto l'impulso delle bastonate, quanto spontaneamente. A tutti questi prigionieri politici furono aperte le porte del carcere la mattina del 19 Marzo 1853(24): trovaronsi liberi nella Città, ma nello stesso tempo dovettero assistere ad un triste spettacolo: un loro compagno, Frattini Antonio di Legnago veniva quella mattina stessa tratto direttamente al patibolo(25); e contemporaneamente si affiggeva al pubblico un Proclama che escludeva dall'amnistia trentatrè cittadini fuggiaschi ed implicati nel processo per alto tradimento.(26)
      Il processo del 1852, detto di Mantova, che mandò alla forca 9 patrioti, e alla catena parecchie centinaia di essi, rimarrà incancellabile negli annali del Martirologio Italiano.
      Il Comitato d'insurrezione se restò vinto, non rimase però disfatto, e lasciò un addentellato, imperocchè sostenuto fuori dai profughi, dentro da parecchi dei superstiti e da nuovi adepti, visse ancora attraverso a parziali manifestazioni e non mancarono nuovi sacrifici di persone, di prestazioni e di denaro.
      Francesco Fortunato Calvi di Padova, Fontana Oreste d'Iseo, Chinelli Francesco di Lonato, Moratti Luigi di Castiglione delle Stiviere, e Marin Giovanni Battista di Padova nel mese di Settembre 1853 dovevano promuovere l'insurrezione nel Cadore, e all'uopo il Comitato colà residente aveva preparato i mezzi di azione.


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Del comitato segreto insurrezionale bresciano nell'anno 1850-51
di Faustino Palazzi
Stab. Tip. La sentinella Brescia
1886 pagine 106

   





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