Giovinetto entrò nel collegio militare a Vienna, ed ai primi rivolgimenti del 1848 era tenente d'infanteria austriaca. Allo scoppiare dell'insurrezione diede le sue dimissioni, e corse nel Cadore a comandare quei valorosi montanari, i quali dopo due mesi di ostinata difesa, oppressi dal numero, e mancanti di munizioni e di viveri, furono costretti a disperdersi restando l'austriaco padrone delle chiuse. Ciò accadeva il 6 Giugno 1848.
Rifugiatosi a Venezia venne dal Governo provvisorio nominato Colonnello e diede prove di gran valore in quell'eroica difesa.
Caduta questa, si recò in Piemonte, dove si mostrò sempre pronto a prendere le armi per la indipendenza e libertà d'Italia.
Egli era alto della persona e di belle forme: toccava il trentesimo settimo anno di sua vita; ardito, virtuoso e modesto, di molta istruzione fornito; esperto militare, ottimo figlio di famiglia, di alti e generosi sentimenti, amantissimo dell'Italia per la cui libertà ed indipendenza sacrificò tutto, fin la vita.
E così quell'infame Governo in quei dì mieteva colla falce della morte i giovani più distinti per virtù, per devozione alla patria, per ardore, per istruzione, o seppelliva per anni nelle segrete di Capo d'Istria, di Kufstein, e di Josephstadt quei patrioti che sfuggirono al capestro.
Ma alle persecuzioni, alle impiccagioni dell'Austria, si rispondeva con nuovi tentativi di sommosse affine di non dar tregua allo straniero.
Nel Giugno del 1854 dovevansi tentare dei movimenti insurrezionali nel Comasco, e nella Valtellina prendendo alle spalle gli Austriaci da Poschiavo, a Maloja, e già erasi provveduto alle munizioni, e nei luoghi destinati erano approntati fucili, giberne, e quanto era indispensabile ad una spedizione, la quale doveva essere comandata e diretta da Giuseppe Mazzini e da Felice Orsini.
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