Notiamo infine che essendo pressochè sempre la stessa la Serie dei lavori mensili da praticarsi dall’agricoltore siciliano, che è premessa in ogni anno al Calendario meno poche variazioni, così, nel ripubblicarla, abbiamo posti in rassegna e confrontato tutti i Calendarii, scegliendo quella serie nella quale il Palmeri vi avea fatto delle aggiunzioni, o emendato qualche errore, che forse potea essere trascorso nella precedente pubblicazione.
Onde far conoscere lo spirito che animava il Palmeri nella pubblicazione del suo Calendario, ed insieme la modestia dei suoi sentimenti, ci piace conchiudere questa avvertenza, con la prefazione che egli poneva al Calendario del 1823, così concepita:
«Maravigliava Columella che i Romani dei suoi tempi, querelandosi della diminuzione dei prodotti delle terre loro, ne accagionavano o l’infecondità del suolo, o le nocevoli influenze del cielo; senza avvedersi d’essere ciò il naturale effetto dell’ignoranza dell’arte agraria, e del poco conto in cui l’agricoltura era tenuta in quei tempi in Roma. Noi, dic’egli, abbondiamo di maestri d’oratoria, di poesia, di musica e di ballo; non mancano fra noi fabri, architetti, costruttori di navi; v’hanno in Roma persone che ammaestrano la gioventù, nonchè nelle virtù e nel sapere, ma nei vizj, nelle turpitudini d’ogni maniera: ma l’agricoltura è negletta a segno che manca appo noi e chi la insegni e chi la impara: ond’è che: rem rusticam pessimo cuique servorum velut carnifici noxae dedimus.
«Si sentono comunemente anche oggi le lagnanze stesse sulla decadenza della nostra agricoltura; non mancano in Sicilia dei luoghi in cui la terra è in balia di carnefici più che agricoltori, ma non perciò potrebbe farcisi il rimprovero, che l’agricoltura è barbaramente trascurata: che anzi è quest’arte tenuta oggi fra noi in altissimo pregio.
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