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      Al trar dei conti le campagne di Palermo sono state perdute nella ruggine, lo sono state anche queste, maggiormente lo furono i territorii di Alia, Caltavuturo, Montemaggiore, Cerda, Sciara e Villaura ove le piogge erano state più copiose, e quelle tenute che erano allora l’oggetto dell’altrui commiserazione, furono nel raccolto oggetto d’invidia; in esse non si è visto pur vestigio di ruggine: io ho visto i frumenti ivi prodotti, essi sono perfetti quanto quelli degli anni più ubertosi.
      Questo fatto prova che Balsamo avrebbe potuto dire con Varrone: Non solum quoad vivam quid fieri oporteat moneam, sed etiam post mortem.
      Giova intanto lo sperare che questi maledetti funghi divengano eternamente sterili nel nostro suolo, onde io, interrogato da Lei in avvenire, possa rispondere: ruperunt horrea messes, e combinare la compiacenza per gli ubertosi raccolti e per la proprietà dell’agricoltura di Sicilia a quei sentimenti di profondo rispetto con cui mi vanterò di essereTermini 13 agosto 1819.
      Suo umil. serv. — NICOLÒ PALMERI
     
      IV.
      REGOLE GENERALI PER AVER DEI FIORI (1).
      1. Bisogna che il giardiniere coltivi le piante per genio, non per la sola mercede, altrimenti non saprà farsi onore; onde il padrone coltivi o vegli a tutte le operazioni. Quello inoltre deve essere onesto, altrimenti le rarità presto scompariranno dal giardino.
      2. Sia il giardino ben riparato, e non soggetto alla nebbia. Le ajette e compartimenti facciansi di pietre, mattoni, o tavole. Il bossolo, e qualunque erba rubano l’alimento alle piante, e servono di commodo agli insetti, per fare, propagandosi, strage di fiori.


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Calendario dello agricoltore siciliano
di Niccolò Palmeri
Tipogr. Pensante Palermo
1883 pagine 189

   





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