Ma più che da tutte vien deformato ed isterilito l’ulivo da quella malattia epidemica, e forse contagiosa, che da ben trent’anni comparve in alcune delle nostre contrade(3), che il volgo a Termini intende sotto il nome di chiasima. Egli è in questo paese che mi è per la prima volta avvenuto di osservarne i caratteri e d’informarmi delle circostanze che l’hanno per avventura prodotta o contribuito alla sua durata. Io consegnerò in questo luogo le osservazioni che vi ho fatte e le notizie che vi ho prese relative a tale argomento.
Un ulivo può godere della più bella vegetazione, e venire solamente affetto dalla chiasima in qualche suo punto. Ma non è raro il vederne di quelli che ne siano in tutte le parti attaccati. S’incontrano dei campi liberi dell’intutto di questo morbo micidiale. Altri dove esso non si scopre che sopra uno o pochi ulivi. Di quelli ove il numero dei sani uguaglia presso a poco gli infermi, e finalmente uliveti che ne sono dell’intutto smantellati e distrutti.
Io l’ho osservato in tutte le esposizioni e sopra tutti i suoli. Posso bensì assicurare di averlo veduto più esteso nei poderi poco o nulla coltivati, ed in quelle contrade dove, trascurati gli ulivi per causa della chiasima(4), han forse avuto in questo abbandono una ragione di più per continuare a soffrirla.
La chiasima si annunzia in un albero di ulivo alla più gran distanza, presentando uno o più degli esterni ramuscelli a foglie ingiallite e secche quasi dell’intutto. Quindi si possono osservare in tutto l’albero dei rami più o meno grandi, coloriti di un rosso carico in varii punti.
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Termini
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