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      A proposito del mugner delle vacche e delle pecore comincia a dare la storia del latte. Parla della virtù medica del latte della somara e delle donne. Narra, secondo l’autorità di Marco Polo, che i Tartari nel XII secolo facevano col latte delle cavalle un liquore che chiamano ariks, ed una bevanda acidula, che chiamano kamiss, e che i Calmucchi ne estraggono l’alcool. Passa poi a parlare dell’uso del latte nella pittura, e porta la ricetta come servirsene. Finalmente si fa a parlare della manifattura del butiro, e del cacio; ma immediatamente scappa con una disgressione sul veleno che contrae il latte posto in vasi di rame, e ci avverte a consultare intorno a ciò le opere di Tommaso Hayes, di G. Baker, del dottor Percival, del dottor Falconer, del dottor Ignazio Vari. Tornando finalmente al butiro conchiude: ma siccome è opera tutta dell’ossigeno la solidità del butiro, conviene alla perfezione dell’opera lasciare libero l’ingresso delle colonne dell’aria per percuotere quelle parti oliose, e renderle ossigenate. E questa è la ragione che in medicina vien dichiarato il butiro amico della respirazione, e pettorale. Non v’ha chi ignori che l’ossigeno rende acido qualunque corpo con cui si combina, e fa rancide le sostanze oleose. Ogni idiota capisce che le parti grasse del latte, costrette dall’agitazione e dall’urto d’un corpo duro, contro cui vanno a percuotere, a segregarsi dalle particelle sierose che hanno tratto seco nel venire a galla, e tratte dalla reciproca affinità, aderiscon tra esse in proporzione che si sprigionano da quel fluido, che le teneva divise; onde la solidità del butiro è tutta e sola opera dell’agitazione.


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Calendario dello agricoltore siciliano
di Niccolò Palmeri
Tipogr. Pensante Palermo
1883 pagine 189

   





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