La Sicilia provvedeva regolarmente di grani, di biade e di legumi le piazze dell’Italia, della Francia, della Spagna e del Portogallo, ove n’era costante e vantaggioso lo smercio, e dalla qualità superiore de’ suoi prodotti assicurata la preferenza sul poco numero di concorrenti nel mercato generale. I prezzi quindi di questi articoli in paese erano meglio che ora sostenuti superiori all’attuale valor nominale e reale del genere, ed utili e vantaggiosi per il coltivatore. Oggi all’incontro noi vediamo i prezzi di questi articoli straordinariamente avviliti; il loro valore nominale inferiore assai a quello cui valevano una volta, malgrado la maggior copia di moneta circolante, la quale non può contrastarsi; il loro valore reale quindi, o sia il valore permutabile, considerabilmente minore. Dall’altra parte le piazze di consumo sottratte dalla nostra dipendenza commerciale, non facendo quasi alcuna ricerca de’ nostri grani, han fatto ristagnare nel paese la quantità di frumento eccedente i bisogni, ciò che ha prodotto, com’è naturale, il ribasso nei prezzi fino all’avvilimento. Suppongono taluni questo male passeggiero e figlio della scarsezza del denaro (col quale confondono la ricchezza), che credono esser per l’innanzi abbondato in Sicilia. Quanto a noi siam fermi nel parere che questo male esser non può passeggiero; che abbiam molti elementi per ricavare esser oggi maggiore la quantità della specie in circolazione che non era per l’innanzi, e che in conseguenza da ben altre ragioni se ne dee ripetere l’origine; che continuandosi nell’istesso sistema agrario i grani dovranno maggiormente avvilirsi, tranne il caso di una imprevista e precaria circostanza, e che nient’altro che la minorazione di questa cultura potrà nuovamente accreditare tra noi questo genere, e far convenire agli agricoltori una moderata riproduzione.
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