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      L’esempio per altro della Spagna niente ci è contrario, mentre colà le pecore non svernano nelle montagne ove solo passano la calda stagione, ma sibbene nelle pianure, ove un clima temperato non le assoggetta alle conseguenze che i rigori dell’inverno producono in altri paesi.
      Da quel che precede quindi ricavar si potrà da ciascuno di quanta importanza sia il miglioramento delle nostre razze di bestie lanose, e che questa non ancora scavata miniera portar può nel nostro paese una considerabile ricchezza ed una proprietà permanente.
      G. L.
     
      XXIII.
      SUL RISO A SECCO.
      Mirando sempre al bene dell’agricoltura siciliana, col procurare ai nostri contadini delle notizie che i loro scarsi mezzi non permettono altronde acquistare, non si mancò far nota ai medesimi nel calendario del 1824 la pregevole cognizione del riso della Cina, che si coltiva a secco; onde evitare quel grave danno che la coltura del nostro reca alla sanità degli uomini.
      Siamo ora a farli consapevoli, per quell’utile che da tali notizie ricavar se ne possa, mancando d’ogni incoraggiamento, che acquistati da noi pochi acini del mentovato riso si sono praticati ai Colli i seguenti procedimenti agrarii:
      In una aiuola di palmi due e mezzo di quadro si concimò la terra, ed il giorno 5 aprile 1825 si seminarono 70 acini di riso secco. Si adacquò e si proseguì a dar dell’acqua due volte la settimana a modo degli ortaggi, avendolo sarchiato soltanto due fiate nel tempo della coltura. Ai 17 di agosto si svelsero 435 spighe, le quali mazzicate produssero una quantità di riso 239 volte maggiore della semenza.


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Calendario dello agricoltore siciliano
di Niccolò Palmeri
Tipogr. Pensante Palermo
1883 pagine 189

   





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