Molto meno vuole che si ari il suolo in cui le piogge non sian penetrate a molta profondità, in guisa che l’aratro venga a svolgere la terra in parte secca, ed umida in parte, che i Romani chiamavano varia et cariosa. Quel sommo agronomo asserisce, che un suolo arato in tale stato sterilisce per tre anni. Fa mestieri che una delle arature fosse fatta in tempo che l’erba sia cresciuta, ma prima di semenzire. I solchi devono essere così vicini l’uno all’altro, che non possan distinguersi; onde la terra ne venga rotta in tutti i sensi in modo che ficcando una pertica orizzontalmente nel suolo maggesato, questo deve correre da per tutto senza incontrare ostacoli. Gli antichi Romani dicevano di esser mal fatto quel maggese, in cui restavano zolle tali che nel seminarlo era necessario erpicarlo: ciò può solo ottenersi con molte arature. Noi chiamiamo diligentissimi quegli agricoltori che fanno i loro maggesi di tre arature, questi sono ben pochi in Sicilia; ma che dovremmo noi dire nel leggere le opere del giovane Plinio, il quale ci assicura che nel suo podere, posto alle falde degli Appennini in Toscana, il suolo era così tenace che: nono demum sulco perdometur? E ciò vien confermato dal vecchio Plinio che ci dice: plerumque in Italia quinto sulco seri melius est; in Tuscis vero nono.
Mancano forse argille tenaci in Sicilia? non è anzi manifesto che di tal natura sono in gran parte le terre di quelle contrade, nelle quali si producono i migliori frumenti?
Non è da dubitare che il maggese fatto in tal modo sia un buon preparamento per le seguenti produzioni, perchè la terra ne vien resa permeabile alle radici delle nuove piante; l’erbe parassite non hanno avuto tempo di semenzire onde riprodursi a danno delle utili produzioni; queste stesse soversciate accrescono la fertilità del suolo; finalmente la terra, resa dalle frequenti arature come spugnosa, assorbisce meglio le piogge, le rugiade e tutte le sostanze che l’atmosfera depone.
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