E qui giova il far conoscere quanto sia erronea quella massima che si conserva presso la gente volgare, cioè che le api mandino a male col cibarsene varie specie di frutti. Nel principio del secolo passato il sig. Don Francesco Pasqualino, palermitano, dietro lunghe ed esattissime osservazioni ha dimostrato che le api dotate d’una tromba, o lingua assai flessibile, non possono se non lambire il succo dei frutti, dietro però che trovansi questi feriti nell’epidermide, ed alterati perciò nell’interno da altri insetti; anzi al contrario è necessario il sapersi che le api col frugare i fiori, rompendo le cellette del polline, e facilitandone la dispersione, favoriscono la fecondazione dei germi ed assicurano con particolarità nelle piante a fiori unisessoli la raccolta dei frutti.
Le api vivono riunite in società, ogni riunione chiamasi sciame, ed il luogo di loro abitazione alveare, o arnia (fascedda sic.).
I nostri alveari, costruiti di ferula, ed intonacati di bovina, presentano un esaedro regolare, largo ed alto un palmo, lungo quattro palmi o poco più. Questi alveari sono assai difettosi, e non possono servire che per tre o quattro anni al più; laonde si propone l’introduzione di un nuovo alveare ideato su quello di Gilieu il figlio, nel quale con faciltà e con maggiore vantaggio possano allevarsi questi utilissimi insetti. Questo è costruito di tavole, la sua forma presenta un cubo di un palmo ed otto once, ma la base sporge un poco in fuori dalla parte anteriore, all’oggetto di potervisi nelle buone giornate riposare le api prima di entrare nell’alveare.
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Francesco Pasqualino Gilieu
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