) che servono a tener pura l’acqua, e nel tempo stesso d’appoggio alle api, perchè non si anneghino.
Tre sorta di api si contengono in ciascun alveare: un’ape madre (apa mastra sic.) unicamente incaricata a propagar la specie; una quantità pressocchè uguale a mille di api maschi, detti fuchi (bagani sic.) destinati a fecondare l’ape madre, un grandissimo numero finalmente d’api neutre, dette operaie (api sic.), le quali raccolgono il miele da alcuni organi dei fiori da’ botanici appellati nettarii, costruiscono le cellette destinate tanto alla loro propagazione, che alla conservazione del miele, han cura di allevare le piccole api, in somma provvedono di tutto il bisognevole la società.
Le cellette perfettamente uguali son fabbricate di cera, hanno la forma esagona, e sono con mirabile arte riunite in due serie, che congiunte l’una di riscontro all’altra, senzachè vi resti spazio intermedio, formano ciò che dicesi favo (vrisca sic.). Le cellette delle api madri, per lo più al numero di sei o sette in ciascuno alveare, sono ovali allungate, han le pareti più grosse, e stanno attaccate verticalmente su i lati dei favi. Cominciansi i favi a formare dalla parte superiore dell’alveare, ove stanno attaccati verticalmente, e fra loro paralelli, in modo che vi resti fra l’uno e l’altro uno spazio capace a passarvi due api.
Fanno inoltre uso le api d’un’altra sostanza chiamata propoli (cirobisu sic.) con la quale turano le fessure tutte delle loro abitazioni, e cuoprono ancora i cadaveri di quegli animaletti che ivi introdottisi e da esse ammazzati, nè avendo poi forze bastevoli a poterneli mettere fuori, sarebbero colle cattive loro esalazioni per viziare l’aria interna degli alveari.
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