Ove accada che si raccolgano tal quantità di ulive, che non possono macinarsi in un giorno, si mettano in un tavolato ben ventilato e vi si stendano in modo che l’altezza dello strato non oltrepassi le tre once. In tale stato possono dimorare da una settimana senza danno. La pulitezza poi deve cominciare dall’anno antecedente. Appena terminata la raccolta dell’olio, si lavino con ranno il torchio, il frattoio, le gabbie, le tinozze, tutte le stoviglie, e fino il pavimento della stanza, e il tavolato ove sono state le ulive. Nel corso del raccolto si lavino ogni sabato sera le gabbie e le stoviglie. Per la ragione stessa gli orci si lavino appena cavatone l’olio, e poi si tornino a lavare prima di riporvene del nuovo: meglio è poi averne de’ nuovi almeno ogni due anni.
Questi pochi cenni mostrano agli agricoltori il mezzo di trarre il massimo profitto dell’uliveto: ma l’uliveto ben posto e ben coltivato è un oggetto di delizia, come lo è qualunque podere, la cui coltivazione sia ben diretta: Agro bene culto, disse Cicerone, nihil potest esse nec usu uberius, nec specie ornatius.
XXXI.
SULLE PECORE.
È già qualche anno, si cennò da noi la maniera onde migliorare la razza delle nostre pecore. Noi lo ripetiamo: se prima cotesta razza grossolana, magra ed infiacchita non cederà il campo al nobile, al robusto, al vigoroso merino; è un volere sognare il darsi a credere che le bestie lanute formino, come lo possono e come lo sono oltremonti, uno del primi fondi della ricchezza nazionale; ma rimarranno sempre in uno stato d’avvilimento, atto piuttosto a portare partita di scapito, che di rendita ai possidenti.
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Agro Cicerone
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