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      Guardarsi di non gravare il fondo con un numero d’animali, maggiore che la sua possibilità di nutrirli; non aggreggiare le pecore molto per tempo, e non metterle all’erba che ancora è pregna di guazza: procurare che non s’accostino a’ terreni acquosi, ove s’impinguano prestamente, e si dispongono a vivere attaccate dalla marciaja; e nel tempo che il campo è sparuto, dar loro sempre una manciatella straordinaria, sia di potatura, sia di granella, di radiche, di farinacei, sia anche di quei seccumi e di quelle frasche che si lasciano inutilmente perire nei campi e nelle strade. Infinite sono insomma le attenzioni che si vogliono usare sul fatto della pastura.
      «L’uso dei pascoli (dice Tessier, parlando dello stabilimento di Rambouillet) è colà subordinato talmente alla stagione, alla temperatura, all’ora del giorno, agli alimenti che le bestie trovano nelle stalle, ed a varie altre circostanze; che si prevengono tutti i pericoli, necessariamente provvenienti da una poco provvida, poco istruita amministrazione. Vi sono dei pezzi di terreno non mai tocchi dalla mandra all’uscire dell’ovile; degli altri, per cui non fa che passare; in alcuni è condotta soltanto nei giorni umidi, altrove soggiorna in tempo di gran siccità; questo campo può servire di pascolo al mattino, quello soltanto dopo il mezzogiorno.»
      Una pratica di sommo conto, e pure inusitata fra noi, salvo che ne’ poderi reali, è quella dello stabbiare le terre. Così si chiama un’operazione rurale, per la quale racchiudesi di notte una mandra di pecore entro un recinto scoperto, e limitato da reti, vimini, o altro; acciocchè lo fecondi cogli escrementi.


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Calendario dello agricoltore siciliano
di Niccolò Palmeri
Tipogr. Pensante Palermo
1883 pagine 189

   





Tessier Rambouillet