Pur, comechè questo fatto provi, che Falaride avea nome d’infido, prova egualmente di essere stato tenuto pro guerriero; e ben lo era. Ei fu l’inventore di quella macchina, di cui gli antichi si servivano per lanciare materie infiammate, per lui detta Falarida. Vittorioso uscì egli sempre dalle guerre co’ Sicoli suoi vicini; e, o per forza o per inganno, estese di assai il paese agrigentino; talmentechè sotto il suo governo Agrigento cominciò ad essere ricca, popolosa e potente.
E’ non è altronde da negare, che, per crudele che fosse stato, era Falaride capace di generosi sentimenti. Un Menalippo, per sua privata vendetta, concepì il disegno di metterlo a morte, e lo confidò a Caritone suo amico, pregandolo a procurargli alcun sicario. Questi, a scanso che il fare ad altri una confidenza così gelosa non mettesse in pericolo l’amico, volle tutto solo eseguire l’impresa per lui. Si recò al palazzo del tiranno con un pugnale soppanno. Scoperto dalle guardie, fu preso e tormentato per palesare i complici; ma in onta ai tormenti tacea. Menalippo, visto l’amico presso a morire per lui, corse a gettarsi ai piedi del tiranno; palesògli il fatto; e si studiò di provargli essere egli solo il reo. Sopraffatto dalla gara di tanta amicizia, Falaride li assolvè entrambi; restituì loro i beni; volle solo che sgombrassero.
Lo stesso Stesicoro, che certo male avea meritato di lui, non solo ne fu careggiato e largamente rimunerato con tutti i suoi finchè visse; ma, dopo la sua morte, cercò Falaride di onorare ed eternare in tutti i modi la memoria di quell’illustre imerese.
| |
Falaride Falarida Sicoli Agrigento Falaride Menalippo Caritone Falaride Stesicoro Falaride
|