Gelone, per far mostra di stoppare il nemico, fece aprire le porte della città, che gl’Imeresi dapprima aveano chiuse; e di nuove ne fece tagliare, per più facile comunicazione tra il campo e la città.
Stettero più giorni gli eserciti, molestandosi con ispesse avvisaglie; senza venirne a campal battaglia. Non osavano i Cartaginesi tentare l’assalto in presenza dell’esercito siracusano; aspettava Gelone il suo vantaggio, prima d’avventurare la gente.
In questo, i cavalli siracusani intrapresero un messo, che i Selinuntini spedivano ad Amilcare, per dargli avviso che la cavalleria, da lui richiesta, sarebbe giunta al suo campo, nel giorno da lui assegnato per fare un solenne sacrifizio a Nettuno. Scelse allora Gelone un drappello di cavalieri, ai quali die’ ordine di circuire il monte Euraco, e, dalla strada per a Selinunte, giungere alla pianura ove erano le navi cartaginesi, nel giorno posto da Amilcare. E scolte pose sopra le alture frapposte, per dargli avviso del loro arrivo.
VII. - Sul far dell’alba d’uno de’ primi giorni di agosto dell’anno 1 della 75 Olimpiade (480 a. C.), la cavalleria siracusana giunse al campo de’ Cartaginesi; i quali, tratti in inganno dal vederne venire da quella via, in quel giorno, li tennero gli aspettati Selinuntini; e, perchè di cavalli aveano bisogno, gli accolsero con alte grida di giubilo. Quelli, come furono dentro il ricinto, diedero addosso a tutti coloro che lì erano. Amilcare, i sacerdoti, i capitani, i galeotti furono fatti in pezzi. In quel tramazzo alcuni de’ Siciliani, dato di piglio agli ardenti stizzi, ch’erano sull’ara disposta per lo sacrifizio, misero foco in più parti alle navi; e, per esser queste spesse, e confitte al suolo, la fiamma in poco d’ora dall’una all’altra si appiccò.
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