Ove si ponga mente alla perdita, ch’ebbe a soffrire Cartagine, di trecentomila soldati, di cinquemila navi, delle bagaglie e degli immensi tesori profusi per quella spedizione, si vedrà che gli annali del mondo non offrono esempio di uguale vittoria.
Accadde la battaglia d’Imera il giorno stesso della famosa fazione delle Termopili (11). «Quasi che - dice Diodoro - un qualche Dio avesse a ragion veduta disposto, che quinci fosse una vittoria chiarissima, e quindi una morte gloriosissima, in uno stesso tempo, in pari modo, esempio pari di virtù, onde fosse ambiguo il giudizio di chi dovesse essere in lode preferito (12).»
Gelone, dopo la vittoria, rimunerò in primo luogo generosamente que’ prodi cavalieri, che aveano ucciso Amilcare e dato fuoco a’ suoi legni. Delle nemiche spoglie, le opime furono destinate ad ornare i tempî di Siracusa e d’Imera, il resto, una coi prigionieri, fu diviso fra’ soldati, all’avvenante del grado e del merito di ognuno. I prigionieri, venduti e sparsi in tutte le città, furono in tal numero, che, al dire di Diodoro, avresti detto che tutta l’Affrica fosse serva della Sicilia. La stregua degli Agrigentini fu tanta, che molti v’ebbe, ad ognuno dei quali cinquecento ne toccò. E questi furono tutti destinati all’agricoltura ed a tagliar pietre, per la costruzione di que’ magnifici edifizî, dei quali oggi ammiriamo le rovine.
Di tutto il punico naviglio, solo venti navi, che in altro sito erano, si sottrassero all’incendio, e cercarono di fuggire; gran quantità di gente vi si affollò sopra per campare; ma, dilungatisi appena, surta una tempesta, sopraccariche com’erano, si sommersero; e coloro, che sopra v’erano annegarono, tranne pochi, che si salvarono in un paliscalmo, e portarono a Cartagine l’annunzio della catastrofe.
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