Quivi lo spavento fu tale, che si raddoppiarono le guardie della città; perchè parea a’ Cartaginesi d’avere già addosso l’esercito vincitore.
VIII. - La moderazione di Gelone dopo la vittoria fu pari alla solerzia mostrata nell’ordinare la battaglia. Pace concesse agli oratori, che da Cartagine a lui furono spediti. Il partito fu: che pagasse Cartagine duemila talenti ai Siciliani, per le spese della guerra (13); che mandasse a Siracusa due navi allestite, in segno di riconoscenza per la pace ottenuta; e che abolisse la rea consuetudine d’immolare umane vittime a Nettuno. «Fu questo - dice Montesquieu - il bel trattato di pace di cui la storia parli. Gelone, dopo d’aver disfatto trecentomila Cartaginesi, impose una condizione, ch’era utile solo ad essi; o piuttosto egli stipulò in pro di tutta l’umanità (14).»
Tanto furon lieti i Cartaginesi di tali condizioni, che per mostrare la gratitudine loro a Demarata moglie di Gelone, che s’era adoperata per la pace, la presentarono d’una corona del valore di cento talenti d’oro; della quale essa fece coniare monete, ognuna delle quali pesava dieci dramme, e, dal suo nome, demarazie furono dette.
Recata a sì glorioso fine la guerra, rivolse Gelone il pensiere alle cose di Grecia. Già sin dal momento che i greci ambasciatori s’erano da lui accomiatati, non prevedendo fine lieto a quella guerra, avea spedito in Coo un suo confidente, con gran somma di danaro, per istarvi ad aspettare l’evento, e comprare dal Persiano la pace, nel caso ch’ei fosse stato vincitore.
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