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      Visto di non esser venuto fatto a Serse di allagare la Grecia, come ebbe smaltiti i Cartaginesi, si accingeva a recarsi colà con tutte le sue forze, quando gli giunse la nuova della strepitosa vittoria ottenuta in Salamina, e della vergognosa fuga di Serse; per che se ne rimase (15).
      Pur, comechè tanto bene avesse meritato Gelone della Sicilia, e massime di Siracusa, persone vi furono (e ne’ paesi liberi mai non ne mancano), che cominciarono a dargli voce di agognare al potere assoluto. Avutone egli lingua, fece adunare il consiglio generale; ed ordinò, che ognuno vi si recasse armato. Egli solo vi venne, non che inerme, affatto ignudo, involto nel mantello. Espose quanto avea fatto; die’ ragione d’ogni sua azione; e conchiuse dicendo d’esser egli venuto ignudo ed inerme fra tanti armati, perchè ognuno, che lo credesse reo contro la patria, potesse metterlo a morte. In questo dire apre il mantello. A quell’atto magnanimo, tutti ad una voce lo gridarono re.
      La nuova dignità non fece cambiare i suoi costumi. Colle spoglie cartaginesi edificò i magnifici tempî di Cerere e Proserpina in Siracusa. Mandò in dono al tempio di Apollo in Delfo, per mostrarglisi riconoscente dell’ottenuta vittoria, un tripode d’oro del valore di sedici talenti. Die’ mano a fabbricare in Enna un tempio a Cerere dalla nuova luna: ma tratto a morte nell’anno 3 della 75 Olimpiade (478 a. C.), non potè recarlo a fine.
      Presso a morire dichiarò suo successore Gerone, suo maggior fratello, da lui lasciato al governo di Gela; ed ordinò, che nel suo funerale si eseguisse esattamente la legge, poco prima dal popolo bandita, per frenare il lusso delle pompe funebri.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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