Finchè sedette sul trono di Siracusa Gelone, le sue virtù e lo splendore delle sue vittorie tennero a freno lo spirito repubblicano. Morto lui e mancato di vita Terone, tiranno d’Agrigento, i vizî e il poco senno de’ loro successori fecero venir meno il timore dei popoli, ed accrebbero l’odio generale per la tirannide; a segno che, scacciati Trasideo e Trasibulo, tutte le città siciliane scossero il giogo e vollero tornare all’antico stato. Dopo aspro conflitto venne fatto a’ Siracusani espellere dalla città tutti coloro, che Gelone vi avea fatto stanziare; i quali, per essere tutti di nobile nazione, e per lunga consuetudine usi al governo monarchico, si credeva di essere avversi alla democrazia. E, perchè in avvenire nessuno avesse potuto aspirare alla tirannide, si ebbe ricorso al pericoloso compenso di stabilire il petalismo, ad imitazione dell’ostracismo d’Atene; per cui ogni cittadino potea essere bandito senza prove, senza forma di giudizio e spesso ancora senza delitto. Si adunava il popolo, ed ognuno scriveva il nome di colui, che avea in sospetto. Raccolti tali voti, coloro che ne riportavano seimila, andavano in bando. L’ostracismo di Atene differiva dal petalismo di Siracusa solo in ciò, che colà il voto si scriveva in un coccio, o in un guscio d’ostrica, e l’esilio era per dieci anni; qui si servivano d’una fronda di olivo, e l’esilio era per cinque anni.
Ajutati dai Siracusani, quei Catanesi, che Gerone avea cacciati dalla città loro, di viva forza la ripresero, e le restituirono l’antico nome.
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