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      Deucezio regnava fra essi. Univa costui a temerario ardire non comune ambizione ed estesa signoria. Oltre Neto, ov’era nato, ch’egli avea rifabbricato in sito migliore, Meneno e Palica da lui edificate (19), avea sottomesso Morganzio ed Inessa, o sia la nuova Etna (Olimp. 82, 452 a. C.). Mosse egli guerra agli Agrigentini; assediò il castello di Mozio sul loro tenere; e, malgrado la nuova gente che Agrigento vi mandò per rinforzarne il presidio, l’espugnò. Siracusa mandò un esercito in favore d’Agrigento, di cui fu dato il comando a Bolcone. L’esercito fu disfatto, il generale dai suoi dannato a morte. Esempio non raro ne’ governi popolari, nei quali anche la sventura si appone talvolta a delitto.
      Nella nuova primavera i Siracusani tornarono con maggiori forze ed un altro generale in campo. Incontrarono i Sicoli ne’ campi tra Noma ed Amastrato (20), e n’ebbero compita vittoria. Al tempo stesso gli Agrigentini ripresero Mozio, Deucezio da per tutto circondato di nemici, abbandonato dagli amici, mal sicuro fra coloro stessi che lo seguivano, alcuni dei quali, sedotti da’ Siracusani, gl’insidiavano la vita, avanti che perire per mano di un assassino, corse di nascosto a Siracusa; si prostrò innanzi all’altare, ch’era nella gran piazza; e rassegnò sè ed il suo stato nelle mani del popolo siracusano. I Siracusani ne furono inteneriti; e, comechè taluno avesse proposto di punirlo di morte, i più nol consentirono, gridando esser viltà lordarsi del sangue di un supplichevole. Fu mandato a Corinto, sulla promessa di non far più ritorno; e la repubblica provvide all’onesta sua sussistenza.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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