Vennero fuori con tutte le loro forze. Pugnarono in aperta campagna gran tempo; e quando poi, sopraffatti dal numero, ebbero a ritrarsi entro le mura, con sorprendente valore e longanimità, resisterono lunga pezza agli assalitori, che d’ora in ora venivano più numerosi per la nuova gente che sopraggiungea. Finalmente, periti combattendo tutti i giovani atti alle armi; mancati affatto i viveri; disperati di soccorso, anzichè arrendersi, si diedero da per loro la morte. I Siracusani trovarono la città allagata di sangue, gremita di cadaveri, pochi vecchi e donne in vita, che furono ridotti in servitù. Immenso fu il bottino, di cui la maggior parte fu mandata in olocausto al tempio di Delfo. La città fu spianata, in modo che pure un vestigio non resta, per additarci il sito in cui stette; solo si sospetta, che ebbe ad essere non guari discosta da Meneno e Palica (Olimp. 85; 400 a. C.).
Accresciuto a tal segno il loro dominio, i Siracusani agognarono a sottomettere tutte le città, che indipendenti erano. Moltiplicarono l’esercito; accrebbero l’armata; nuovi tributi esassero dalle città soggette. Era quella repubblica, più che ad altri, infesta a Leonzio. Comecchè i Leontini alle proprie non piccole forze avessero unito quelle di Camerina, di tutte le città calcidiche e di Reggio; pure erano queste a gran pezza inferiori a quelle di Siracusa, e di tutte le città doriche, che, da Camerina in fuori, per essa parteggiavano. Però i Leontini, volendo tarpare le ali alla potenza siracusana, implorarono soccorso dagli Ateniesi.
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