Trenta erano le siracusane; pure gli Ateniesi, più esperti nella marineria, ne affondarono una e fugarono le altre, che si ritirarono al capo Peloro, ove i galeotti presero terra. Avvistosene gli Ateniesi, tornarono ad assalirle, sulla speranza di trovarle vôte. I Siracusani non furono lenti a risalire sulle navi; e tanto fecero che quelli, perdute due galee, si ritrassero a Reggio, d’onde corsero a Camerina, che alcuni cittadini della fazione siracusana tentavano ribellare.
Si avvantaggiarono della loro assenza i Messenî e corsero a dare il sacco alla terra de’ Nassî, i quali, intimoriti dalla subita irruzione, si ritrassero entro le loro mura. A’ Messenî si unirono i Siracusani; i quali, accostando le loro galee alla foce dell’Acesine, vi presero terra. I Sicoli delle vicine montagne, sempre nemici dei Siracusani, loro corsero sopra. I Nassî, fatto cuore, sortirono ed attaccarono i Messenî, i quali fuggirono in rotta. Meglio di mille ne restarono sul campo, ed assai altri furono messi a morte da’ Sicoli montanari che l’inseguivano.
Parve ai Leontini di avere allora un bel destro di assalire Messena e vi corsero. Un Demotele da Locri, che con trecento dei suoi vi comandava, venne loro incontro; assai ne uccise, gli altri fugò; e maggior male ne sarebbe loro incolto, se gli Ateniesi, che lì presso erano, scesi dalle navi, non avessero frenato l’impeto de’ Locresi, che alla città tornarono. Gli Ateniesi, dopo ciò, si ritrassero a Reggio, per aspettarvi altri comandanti ed altre navi.
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