I Siracusani tentarono d’impedirlo, e furono respinti; però Ermocrate si diede a costruire un’altro muro, che veniva a tagliare la linea del muro nemico, onde questo non potesse essere continuato. Fattolo e fortificatolo con palizzata e torri di legno, vi si lasciò una mano di gente per custodirlo. Costoro sbadatamente lo guardavano. Avvistosene gli Ateniesi, alla sprovveduta li assalirono, li fugarono, gli inseguirono sino alle porte della città. Il muro dei Siracusani fu demolito, la palizzata portata via.
Un egual muro imprese Nicia a costruire dall’altro lato, a traverso la pianure, sino al gran porto. Anche da quel lato un muro traversale eressero i Siracusani, fortificandolo con un fossato. Gli Ateniesi scesero dall’Epipoli per distruggere quel muro. Valicarono le paludi con grosse tavole buttatevi su; ed attaccarono i Siracusani, che erano venuti fuori a difesa del muro. Dopo aspro conflitto i Siracusani si volsero in fuga, altri verso la città, altri verso l’Anapo. Trecento Ateniesi corsero ad occupare il ponte, per toglier loro lo scampo; la cavalleria siracusana li assalì, li disperse. I fuggiaschi ripresero cuore, voltarono faccia, ed una colla cavalleria attaccarono l’ala destra degli Ateniesi. Le prime schiere piegavano. Lamaco, che comandava l’esercito, perchè Nicia, tormentato da dolori nefritici, era restato con pochi servi all’Epipoli, vi accorse con altra gente. Vistolo Callicrate, comandante della cavalleria siracusana, gli corse sopra; e quello non ischivò lo scontro.
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