Saputo poi in Taranto di non essere disperate le cose di Siracusa e potervisi penetrare per la via dell’Epipoli, Gilippo venne in Sicilia. Prese terra ad Imera. Ne trasse soldati, e riunitili ai suoi ed a quelli, che ebbe da Selinunte, da Gela e da altre città sicole, tirò verso Siracusa.
V. - Congilo, che sotto Gilippo militava, vi giunse sopra una nave, prima di lui. Trovò il popolo adunato per trattare i patti della resa. Si fece alto, all’avviso che Gilippo era per arrivare. Le truppe vennero fuori ad incontrarlo. Mentre gli Ateniesi, che nessun conto aveano fatto della missione dello Spartano, erano verso il mare intenti a recare a fine il loro muro, Gilippo entrò all’Epipoli per l’Eurialo, onde era entrato Nicia. Per un araldo fece intimare agli Ateniesi a sgombrare fra cinque giorni. Essi non che avessero risposto, gliene davan le baje, chiedendo se i Siracusani aveano assai da sperare per essere loro sopraggiunto un logoro mantello.
Gilippo, postosi ad oste sull’altura Temenite, il domane s’accostò, con una mano dei suoi, al muro degli Ateniesi, come per attaccarlo. Mentre così li teneva a bada, un’altra schiera assalì il castello Labdalo; ed, uccisine quanti v’erano di presidio, vi si afforzò. Ciò fatto, i Siracusani si diedero a costruire un muro, dalla città verso l’Epipoli, che dovea tagliare nella sua estremità il muro degli Ateniesi. Per tal modo, la città non potea essere circonvallata del tutto; e tagliata restava la comunicazione tra gli Ateniesi, che guardavano le mura da’ due lati.
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