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      Messi furono spediti, per chiedere nuovi soccorsi da Sparta e da Corinto; ed intanto le truppe si teneano in esercizio, le navi si apprestavano. Ajuti maggiori chiedea Nicia da Atene. «Tutto è perduto, scrivea egli, se non richiamate me, e mandate altri. Credea di aver chiuso Siracusa entro un muro, e al fin de’ fatti, mi trovo cinto dalla sua cavalleria. I marinari desertano. L’esercito ad ora ad ora vien meno pe’ continui conflitti. Nasso e Catana nulla hanno più da darci. Tutta Sicilia è oramai nemica. Dal Peloponneso si aspettano grandi forze.» Nicia fu confermato; gli fu dato a compagno Demostene, che dovea partire nella primavera con grande armamento; sino al suo arrivo, furono scelti comandanti con Nicia, Menandro ed Eutidemo: ch’erano nell’esercito. Nel cuor dell’inverno fu spedito Eurimedonte con dieci navi e venti talenti; venti navi furono spedite ne’ mari del Peloponneso, per impedire, che indi venissero ajuti in Sicilia.
      VI. - Ritornato, in questo, Gilippo, in un’assemblea del popolo fu stabilito di attaccare gli Ateniesi per mare e per terra. Aveano i Siracusani ottanta galee. Trentacinque erano nel gran porto; le altre nel piccolo, ov’era il navale, le quali doveano fare ogni sforzo per venire ad unirsi alte altre. Nicia, visto i movimenti dell’armata nemica, messi soldati sulle sue galee (erano settanta), ne destinò trentacinque ad attaccare le galee siracusane, ch’erano nel gran porto, ed altrettante ad impedire l’ingresso delle altre. Si attaccò la mischia presso l’imboccatura del porto.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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