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      Coloro, ch’erano di presidio nei tre forti del Plemmirio, tratti dalla curiosità, ne vennero fuori, e s’accostarono al lido. Gilippo, la sera antecedente, avea staccata una forte schiera de’ suoi per circuire il porto, e trovarsi al far del giorno al Plemmirio. Come videro costoro i nemici distolti a rimirare la battaglia navale, a un punto preso assalirono il più grande dei forti, e di viva forza lo presero. Coloro, ch’erano a guardia degli altri due, spaventati dallo sprovveduto attacco, fuggirono. Era in que’ forti riposto tutto il denaro del pubblico e de’ privati, tutte le bagaglie, l’equipaggiamento di altre quaranta galee, che Nicia avea fatto costruire; senzachè, venuti que’ forti in mano de’ Siracusani, furono essi i padroni dell’ingresso del porto.
      Non egualmente prospere andavano in mare le cose loro. Ben venne fatto alle galee, che erano di fuori, superare ogn’intoppo ed entrare nel porto; ma tanto impetuosamente v’entrarono, che, urtando fra esse, si disordinavano e si danneggiavano. Gli Ateniesi tornarono all’attacco e compirono la disfatta. Undici galee siciliane affondarono: di tre, ne furono presi vivi coloro che sopra v’erano; gli altri annegarono. Gli Ateniesi perderono tre galee.
      Saputosi intanto in Siracusa essere per arrivare le dieci galee, che sì mandarono da Atene col denaro, fu spedito Agatarco con dodici navi, per intraprenderle. Le incontrò, le combattè, ne colò a fondo gran parte. Venuto a Calona in Italia, bruciò tutto il legname, ivi abbicato per fabbricarne molte galee per gli Ateniesi.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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