Lo scudo di Nicia, splendente d’oro e di porpora, si vide per secoli esposto in uno dei tempî di Siracusa. In un consiglio del popolo Diocle propose di frustare prima i due generali, e poi farli morire. Vi si oppose Ermocrate. Il vecchio Niccolao, che in quella guerra avea perduto i soli due figli suoi, raccomandò generosità e mansuetudine. Il feroce Gilippo sostenne il parere di Diocle, ed indusse il popolo ad adottarlo. Ermocrate, non avendo potuto salvare Nicia e Demostene, li avverti segretamente della sentenza, contro di loro profferita; ed essi si sottrassero all’ignominia con darsi la morte.
I gregari languirono gran tempo nelle oscure e sozze latomie di Siracusa. Alcuni di essi si salvaron poi per Euripide. I Siracusani tanto si deliziavano pei versi di quel poeta, che molti, che ne recitavano, ebbero doni e libertà. Coloro stessi, che dopo settanta giorni furono venduti, accattavano il vitto, cantando versi di Euripide.
CAPITOLO V.
I. Stato di Siracusa dopo la vittoria. - II. Invasione de’ Cartaginesi. - III. Assedio e distruzione di Selinunte e d’Imera. Ermocrate - IV. Fondazione di Terme Selinuntina. - V. Assedio d’Agrigento: presa della città.
I. - La battaglia d’Imera, e la disfatta degli Ateniesi a Siracusa, sono due avvenimenti gloriosissimi per la Sicilia. Pure, ove si ponga mente alle circostanze che li accompagnarono, si vedrà di leggieri, che la vittoria de’ Siciliani in Imera fu tutta opera del gran senno di re Gelone, ovechè la gloria della disfatta degli Ateniesi è più degli stranieri, che de’ Siracusani.
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