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      Non possono esprimersi a parole gli eccessi del feroce vincitore. Tutte le case furono predate; tutte le persone furono contaminate dalla rapacità e dalla brutale incontinenza degli Affricani. Saccheggiate le case, vi si appiccava foco, per farvi perire qualche infelice vecchio o fanciullo, che v’era rimasto. Se alcuno ne scappava, era scannato per le vie; ed inferocendo fin sopra i cadaveri, si mutilavano e se ne portavano in trionfo le teste. Solo fu perdonato alle matrone, che co’ loro figli s’erano ritratte nei tempî; non per riguardo al sesso o alla condizione, ma solo per la tema, che disperate, non avessero dato fuoco a que’ delubri, sottraendo così alla cupidigia del vincitore gl’immensi tesori ivi riposti.
      Sedicimila cittadini perirono; cinquemila ne furon fatti prigioni; assai altri ne fuggirono, fra’ quali duemila cinquecento si ridussero in Agrigento, ove ebbero da quegli splendidissimi cittadini ogni maniera di conforto.
      Giunsero al tempo stesso in Agrigento tremila Siracusani, che voleano recarsi a soccorrere Selinunte. Saputone la caduta, spedirono messi ad Annibale, per offrire il riscatto de’ prigioni, e pregarlo a risparmiare i sacri tempî. L’orgoglioso Affricano, conosciuto già che nulla avea da temere da Siracusa, rispose che i Selinuntini, per non aver saputo difendere la libertà, ne erano indegni; e che i tempî non erano più sacri, avendo gli Dei abbandonata la città.
      Miglior frutto fece il Selinuntino Empidione. Era stato costui sempre amico de’ Cartaginesi.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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