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      Avea fatto ogni possa, per distogliere i suoi concittadini dalla guerra. Cogli altri fuggiaschi era venuto in Agrigento. Recatosi poi a piede del vincitore, ne fu ben accolto, ne ottenne la restituzione di tutti i suoi beni, la libertà di tutti i suoi congiunti, e il permesso a tutti i fuggitivi di rimpatriare e coltivare le terre loro, a patto di essere tributarî di Cartagine.
      Ottenuto quel trionfo, Annibale corse ratto ad Imera. Il suo esercito s’era accresciuto di ventimila Sicoli, che sempre pronti accorrevano a combattere contro le città di greca origine. Diocle era venuto in soccorso d’Imera, con tre o quattromila Siracusani. Tanto i tempi eran diversi da quelli del gran Gelone. Come giunse, Annibale pose su di un’altura in riserba quarantamila soldati. Col resto dell’esercito strinse la città. Non solo si fece uso delle macchine, per atterrare le mura; ma si facevano grandi scavi sotto le fondamenta di esse, si venivano puntellando con grosse travi, alle quali poi si dava foco: venuto meno il sostegno, le mura, non più soffolte, cadevano. Per una di quelle brecce tentarono di penetrare i Cartaginesi. I Siciliani li respinsero e la notte rifabbricarono il caduto muro. Il domani, gl’Imeresi e i collegati, in numero di diecimila, vennero fuori ed impetuosamente attaccarono i nemici.
      La subita sortita, lo straordinario ardimento loro, fecero credere a’ Cartaginesi che copiosissimi ajuti fossero sopraggiunti la notte. Però, come coloro che tutto aombrava in que’ luoghi, nicchiarono al primo incontro.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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