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      Costrutte poi due altissime torri di legno, le accostò a quella parte delle mura, che parea più debole, e stiede tutto il giorno a fare strage di coloro, che sopra vi erano. La notte gli Agrigentini vennero fuori ed incendiarono le due torri.
      Volse allora l’animo Annibale a costruire bastite di pietre, contro la città; e, per trarne i materiali, ordinò alla sua gente di demolire tutti gli avelli, ch’erano in quei dintorni. I soldati, presi da superstizione, nicchiavano. Dato mano a demolire il sepolcro di Terone, un fulmine vi cadde. In questo, gravi malattie si manifestarono nel campo, forse per l’aria malsana di quelle pianure, di cui morì lo stesso Annibale. Tutto ciò era tenuto indizio dell’ira celeste. Esaltate le immaginazioni, parve ai soldati vedere la notte ombre minacciose e dolenti vagare nel campo. Però Imilcone ordinò di sostare dal demolire i sepolcri, e per placare l’ira degli Dei immolò un fanciullo a Saturno e sommerse vivi in mare i sacerdoti, in olocausto a Nettuno (27) ed arginò le ripe del fiume, che lì presso correa, per non essergli d’impedimento.
      I Siracusani intanto spedirono in ajuto d’Agrigento un esercito di trentamila fanti ed oltre a cinquecento cavalli, sotto il comando dì Dafneo.
      V’erano soldati di Messena, di Gela, di Camarina e delle città d’Italia. Un’armata dì trenta galee vi fu destinata. Imilcone, saputo la costoro mossa, mandò contro di essi quel corpo di riserba di quarantamila soldati. Valicato appena l’Imera, i due eserciti furono a fronte.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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