Gli assalitori erano già divenuti tanto stremi di viveri, che i soldati campani, che con essi militavano, abbottinatisi corsero alle tende del generale, minacciando di disertare ai nemici. Imilcone a sommo stento gl’indusse ad aver pazienza; chè ivi a pochi giorni avrebbero viveri in copia: ed in pegno della sua fede consegnò loro le ciotole, nelle quali beveano i soldati cartaginesi.
Non erano queste vane promesse. Avea il punico generale saputo da un disertore, che i Siracusani aveano spedite le loro galee a scortare le navi, che doveano venire cariche di frumento e di viveri; però avea chiamate da Panormo e da Mozia quaranta delle sue galee, che fece porre in agguato, per intraprendere le navi siracusane; e gli venne fatto. I Siracusani; assaliti alla sprovveduta, perderono alcune delle loro galee; le altre fuggirono. Le navi da carico, spinte contro il lido, furono tutte predate. Cambiò allora lo stato delle cose. I Cartaginesi erano ben pasciuti, i Siracusani cominciarono a patir la fame.
In questo, que’ Campani, che per Agrigento militavano, avuti quindici talenti da Imilcone, passarono al suo campo. Con altri quindici talenti, come fama ne corse, fu guadagnato Decippo; il quale, non solo si ritrasse co’ suoi, ma persuase gl’Italiani a far lo stesso. Il pretesto che mettea avanti era la mancanza di viveri, ciò indusse gli Agrigentini ad esaminare quanto ne restava in città. Fu trovato esservene solo per pochi giorni. Quella numerosa e lussuriante popolazione non potè patire pure l’idea dello stento.
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