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      Circondarono poi il campo di palizzate e di fosso. Gela, comechè vasta, era mal munita. Ciò non di manco i cittadini presero a difendersi con tal animo, che, essendosi proposto di mandare a Siracusa per maggior sicurezza le donne, i vecchi e i fanciulli, costoro ridottisi nella pubblica piazza, abbracciati gli altari, dichiararono di non volere quindi rimoversi. Gli altri cittadini si divisero; parte stavano a combattere sulle mura; parte venivano fuori a molestare i nemici, mettendone a morte quanti spicciolati loro si paravano innanzi.
      Dionigi, raccolta gente dalle collegate città di Italia, da Siracusa e da altre città di Sicilia venne in aiuto dì Gela, con un esercito di trentamila fanti e mille cavalli, ed un’armata di cinquanta galee. Si fermò ad oriente della città presso il mare, perchè l’armata potesse in ogni caso soccorrere l’esercito. Stettero venti giorni i due eserciti ad osservarsi. Finalmente Dionigi dispose di attaccare contemporaneamente in tre diversi punti il nemico. Una mano di truppe ausiliarie delle città italiane dovea correre sulla dritta verso il mare, ed attaccare l’estremità del campo nemico, ove i Cartaginesi aveano alcune schiere per guardare il mare; un’altra di Siciliani, girando per la sinistra, dovea assalire l’altra estremità del campo; lo stesso Dionigi dovea co’ mercenarî dirigersi al centro, ove i Cartaginesi aveano piantate le macchine contro la città; la cavalleria poi, ch’era di là dal fiume, guadatolo, dovea entrare in azione; e compir la rotta de’ nemici, se questi avean la peggio; proteggere i Siciliani, in caso di disastro.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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