L’astuto Dionigi, mentre così li teneva in pastura, avea chiamato una schiera di quei Campani, che i Cartaginesi aveano lasciato in Sicilia; i quali, deposti, per correr più celeri, i loro fardelli in Agira, in numero di mille e dugento, giunsero inaspettatamente in Siracusa; e, superata la resistenza di quei pochi che stavano a guardare l’isola, vi penetrarono. Altri trecento mercenarî vi vennero. I ribelli non sapevano lo che si fare. Altri volea, che si continuasse, malgrado quel soccorso, l’intrapreso assedio; altri proponea d’abbandonare la città. Mentre costoro stavano a bisticciare, il tiranno venne fuori colla sua gente, e li volse tutti in fuga nel sobborgo che si diceva Neapoli. Pochi ne morirono; chè Dionigi girando per la città, ordinava ai suoi di risparmiare la vita de’ fuggitivi. Molti vennero ad unirsi alla cavalleria, o con essa si ritrassero in Etna. Dionigi gl’invitò a ritornare, promettendo di dimenticare il passato e di accoglierli umanamente. Alcuni, tratti dallo amore delle famiglie, accettarono l’invito, e ’l tiranno fu fedele alla promessa. Altri più ardenti repubblicani, con animo inteso a vendetta, ivi rimasero, ed ebbero poi a pentirsene.
Dionigi, rimunerati i Campani, li rimandò. Eglino vennero a fermarsi in Entella ove furono ricevuti inquilini. Una notte, assalite le case dei cittadini, misero a morte quanti aveano varcata l’infanzia; e, sposate le vedove, si fecero padroni della città.
Correa allora l’anno 1o della 94 Olimpiade (404 a. C.). Gli Spartani, superata la guerra del Peloponneso, impresero a toglier via da per tutto, ove poteano, il governo democratico.
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