Per tal modo destò in tutti tanta emulazione, che faticavano fin la notte, e con maraviglia universale fu visto compito in venti giorni un muro lungo trenta stadî; costrutto di pezzi, ognuno de’ quali avea la lunghezza di quattro piedi (31); alto e forte, sì che potea reggere a qualunque urto; interrotto a quando a quando da torri della stessa costruzione. Compita quell’opera, edificò Dionigi una nuova città, presso l’antico tempio del Dio Adrano, ch’ebbe lo stesso nome (32), nell’anno 1o della 95 Olimpiade (400 a. C.).
I Reggini, in questo, impresero a vendicare i Nassî e i Catanesi, co’ quali avean comune il sangue, per essere anch’eglino d’origine calcidesi. Venivano essi anche istigati dagli esuli siracusani; che colà si erano ritratti, e faceano loro sperare che una gran fazione in Siracusa, al loro avvicinarsi, si sarebbe levata in armi contro Dionigi. Con un esercito di seimila fanti e seicento cavalli, ed un’armata di cinquanta galee, valicato il faro, vennero a Messena; e indussero i comandanti de’ Messenesi ad unirsi a loro, contro il distruttore di due città ad essi vicine. E quelli con quattromila fanti, quattrocento cavalli e trenta galee, si mossero. Giunti sul confine, Laomedonte, ch’era uno de’ condottieri, disse ai soldati di Messena: non essere giusto entrare senza alcun decreto del popolo, in guerra con Dionigi, dal quale non aveano ricevuto alcun torto. Persuasi di ciò i soldati, abbandonarono gli altri capitani e tornarono indietro. Mancato l’ajuto de’ Messenici, i Reggini non vollero andare più oltre.
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